Antonio Bargone, presidente della SAT, s’è dimesso da commissario governativo per l’Autostrada Tirrenica e minaccia d’interrompere i lavori in corso a Tarquinia. Sembra si sia accorto che senza soldi pubblici la contrazione del traffico veicolare rende l’opera non più remunerativa. Argomento debole, il fenomeno era più che prevedibile nel 2011, quando il CIPE assentiva il Lotto di Tarquinia saldamente in mano alla SAT, che in precedenza grazie all’assunzione di rischi della Finanza di Progetto (Project Financing) aveva sgomberato il campo dall’eventuale concorrenza. Oggi Bargone chiede 270 milioni di euro per continuare un’opera insostenibile dal punto di vista finanziario. Non è questione da poco che la procedura di Project Financing, proposta per realizzare la Tirrenica e accettata dal Governo, ponga i rischi a carico del concessionario ma questo non è un problema per i consoci della SAT: Caltagirone (25%), Monte de’ Paschi (15%), Holcoa (Coop Rosse) (25%) e Benetton (25%), che bussano al buon cuore del Governo fiduciosi che Renzi aprirà il portafogli. Oltre lo sconcerto per il tentativo in atto di spillare soldi pubblici, le motivazioni di Bargone confermano le ragioni dei comitati per i quali da sempre la messa in sicurezza dell’Aurelia basta e avanza.
Solo ipotizzando un improbabile raddoppio di flussi rispetto a quelli dell’attuale SS1, poteva essere partorita una delle più indecenti opere
pubbliche degli ultimi decenni. Non tiene più l’unico alibi del Governo, cioè la fattibilità in equilibrio economico di un’inutile opera faraonica senza soldi pubblici; i 270 milioni richiesti verrebbero sottratti alla ricerca, alla scuola, alla sanità, alla sicurezza e alle povertà per essere dirottati ancora verso le rendite del cemento e dell’asfalto. Il favore governativo è sempre stato bipartisan; suona sinistro il ricordo delle parole di Matteoli (ora indagato per legami un po’ sconvenienti con la ghenga del MOSE); l’allora ministro nel 2010 ammetteva con spudoratezza che stava impedendo la messa in sicurezza dell’Aurelia, per evitare ostacoli alla realizzazione della Tirrenica.
La nostra Aurelia, ben integrata nel paesaggio maremmano, se completata a quattro corsie poteva e può soddisfare adeguatamente le necessità degli utenti, per lo più locali. Con una spesa massima di 4/5 milioni al km, i soldi chiesti da Bargone sarebbero bastati per trasformare a 4 corsie le tratte ancora a due di Tarquinia (15 km) e Capalbio (15 km) e per eliminare gli incroci a raso fra Talamone e Capalbio. Invece un sistema di potere distante dai cittadini, ha scelto di sfilare loro 2 miliardi di euro in pedaggi, per finanziare un’autostrada inutile ed è in procinto di regalare a un palazzinaro, a una banca mezza fallita, a un consorzio di cooperative rosse (di un rosso molto sbiadito) e a un big dell’abbigliamento, 270 milioni di euro pubblici; la beffa è ancora maggiore perché l’autostrada viene realizzata cedendo a quelli lì, a costo zero, i 100 km della nostra statale Aurelia a sud di Grosseto. Nel Lazio tutto questo avviene “sentiti i comuni interessati”, come si legge nella delibera CIPE del 3 agosto 2012, che tra l’altro concede il pedaggio gratuito solo ai toscani; a Tarquinia intanto il solito coccodrillo piange al riparo della sua nuova villetta proletaria.
Non è solo la questione soldi a fare acqua; sarà che ho visto spesso i cantieri autostradali tedeschi, dove basta passarci accanto per percepire capacità organizzativa e competenza ma questa A12 in costruzione a Tarquinia appare miserabile. Il cantiere centrale vicino al Mignone, che avrebbe dovuto essere il cuore di tutti i cantieri mobili dislocati lungo i 15 km del Lotto 6A non ha mai funzionato: s’è allagato appena costruito e continua ad allagarsi (foto in alto), nonostante vari interventi per ripararlo ed è usato come discarica (vedi foto). Si potrebbe ribattere: il cantiere allagato ha riflessi solo su aspetti organizzativi. Gli aspetti anomali però riguardano anche la qualità dei lavori in esecuzione, come quelli del rilevato prossimo alla strada della Farnesiana. Il rilevato, per qualche motivo, necessitava di essere allargato ma l’ampliamento è stato eseguito lateralmente invece di procedere per rimozione e ricarico a strati uniformi, esponendo così il corpo stradale a futuri cedimenti differenziali; si osservi anche il rullo vibrante che non può compattare l’ultimo metro di rilevato perché già a contatto della parete di cemento armato (foto a lato). Occorreva un altro tipo di lavorazione ma il giorno dopo tutto era finito e rifinito (sic!).
E.C.
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