domenica 27 gennaio 2019

San Giorgio: “No a ecomostri, siamo per la perequazione urbanistica”

San Giorgio

Per dare un contributo propositivo su San Giorgio, nel 2018 siamo stati presenti come opposizione a vari incontri convocati in Comune. La linea del M5S si basa sulla perequazione urbanistica e l’obiettivo è risanare le zone degradate di San Giorgio e salvare più suolo agricolo possibile.

Sgarbatamente contrario alla nostra proposta è Piero Rosati (AreaSx), piddino transfugo, che per tanti anni ha sostenuto Mazzola, “divoratore” di suolo agricolo. I due sono co-eredi immeritati del vecchio PCI di Tarquinia, che a fine anni ’80 promosse la lodevole campagna “SALVIAMO SAN GIORGIO DAL CEMENTO!”. Il “fu piddino” ha scelto di offendere noi per difendere l’operato del Commissario, che indefesso porta avanti la “strategia”, già di Mazzola, di urbanizzare i 170 ettari del comprensorio in questione, in nome di una dovuta azione amministrativa, dimenticando che il mercato immobiliare è in agonia.

La nostra proposta di perequazione urbanistica è operazione complessa e complicata, ma risolutiva. Di seguito alcuni presupposti:

1- Urbanizzare è tanto più costoso quanto più il comprensorio è estensivo (poche case e tante infrastrutture); con l’attuale estensione è poco probabile che i privati lottizzanti rientrino delle spese di urbanizzazione vendendo i lotti, perché il mercato non chiede più seconde case, che un tempo davano guadagni sicuri. I grandi lottizzanti di San Giorgio, con piani attuativi già approvati, non hanno ancora sottoscritto le convenzioni con il Comune e per ora non hanno obblighi. Hanno però sondato il mercato senza trovare acquirenti.

2- Le casette condonate o condonabili in tutta San Giorgio sono alcune decine, ovvero una quantità risibile rispetto alle potenziali migliaia di unità abitative edificabili in base al piano regolatore.

3- Vi è un grande interesse da parte di chi possiede un solo lotto o un’intera lottizzazione, che i costi di urbanizzazione si riducano drasticamente.

4- Il Comune di Tarquinia deve poter pianificare a piacere la nuova città di San Giorgio e deve essere chiaro che di questo si tratta: una nuova città di estensione raffrontabile con il capoluogo e il Comune deve agire incurante del frazionamento fondiario che gli speculatori della prima ora attuarono per vendere poi oltre 1.500 particelle.

5- Vi sono vari vincoli ambientali che rendono inedificabili ampie porzioni di San Giorgio e questo aiuta ad adottare il metodo perequativo.

6- E’ in arrivo una legge per contrastare il consumo di suolo.

7- I proprietari di casette condonate o condonabili, al pari di quanti non hanno costruito o di quelli costretti a demolire hanno interesse ad avere un insediamento di qualità che mantenga i valori immobiliari.

L’elenco non è esaustivo, però fa capire che l’alternativa alla perequazione è quella del Commissario, che segue quella del PD e dei suoi transfughi: urbanizzare tutto, confezionando un ecomostro fatto di strade, marciapiedi, impianti sotterranei, lampioni, qualche muretto e qualche casa qua e là, perché è certo che verrà edificato poco e a macchia di leopardo, compromettendo però 170 ettari di suolo agricolo, che diverrà un onere per la collettività di Tarquinia quando dovrà provvedere alle manutenzioni.

L’ottimizzazione dei risultati ottenibili con l’urbanistica perequativa prevede il coinvolgimento dei proprietari che hanno già condonato o possono condonare, con la loro disponibilità a demolire e ricostruire con costi a carico dei rispettivi consorzi. L’obiettivo è ridurre almeno della metà la superficie urbanizzata e lì concentrare tutta la cubatura, calcolata con un indice ridotto, puntando a realizzare un moderno insediamento turistico.

Per ora il Commissario sta “materializzando” un ecomostro che divorerà suolo, e noi ce la metteremo tutta per contrastarlo, così come contrastiamo l’inapplicabile LR 28/80 con cui i vecchi marpioni stanno abbindolando per l’ennesima volta lottisti e consorzi.

giovedì 24 gennaio 2019

La centrale a biogas ritorna, nonostante il No della città di Tarquinia e della Regione

Si riapre la vertenza della centrale a Biometano in località Olivastro a Tarquinia. Siamo venuti a conoscenza che in data 9 gennaio la Pellicano srl ha presentato una nuova richiesta di AIA, Autorizzazione Integrata Ambientale, “Ampliamento dell’impianto di valorizzazione Raccolta Differenziata con compostaggio anaerobico per produzione di BioMetano e Compost di qualità”. Il progetto prevede la dismissione dell’attività di trasferenza della FORSU (la parte umida dei rifiuti) con la realizzazione di una centrale per la sua trasformazione in compost e biometano mediante digestione anaerobica.
Tutto questo nonostante il Comune di Tarquinia e la Regione Lazio si siano recentemente espressi contrariamente alla realizzazione di un impianto simile!

Ad agosto 2018, infatti, la Regione Lazio ha rigettato una simile richiesta di realizzazione di un impianto a biometano per il trattamento della FORSU motivando la contrarietà sulla base dei prevalenti pareri negativi delle amministrazioni e dei soggetti interessati al procedimento, tra cui ARPA Lazio e soprattutto il parere del Comune di Tarquinia scaturito proprio dal consiglio comunale straordinario chiesto dalla minoranza su iniziativa del Movimento 5 Stelle.

Siamo stupiti della procedura in essere alquanto “insolita” dato che sono agli atti della Regione i diversi pareri contrari recentemente espressi dalle amministrazioni coinvolte i quali sono parte sostanziale della determina di rigetto. Tra l’altro si è in attesa dell’esito del ricorso al TAR intentato da diverse associazioni ambientaliste per richiedere l’annullamento del provvedimento con il quale la Regione ha rilasciato giudizio di compatibilità ambientale positivo sullo stesso progetto.

Riteniamo infine di vitale importanza che a tale procedimento amministrativo prendano parte gli organi legittimati a rappresentare i cittadini di Tarquinia che si insedieranno dopo le prossime elezioni amministrative. Sarebbe inammissibile se questo nuovo procedimento autorizzativo per un impianto così impattante sul nostro territorio (tratterà circa 30.000 tonnellate di immondizia organica all’anno!) venga affrontato dalla gestione commissariale a cui la nostra città è ora sottoposta.

venerdì 11 gennaio 2019

Basta ecomostri, per San Giorgio occorre una proposta innovativa!

Tarquinia, 07/01/2019. Se a maggio l’opzione pentastellata verrà scelta dai cittadini, Tarquinia potrà affrontare e risolvere vecchi problemi che gli altri hanno fatto incancrenire e lasciato irrisolti. Il M5S agirà per obiettivi con azioni basate su competenze e idee, che sono mancate a chi tra il 2007 e il 2017 ha sprecato 10 anni di opportunità. Non da meno sono stati i nuovi imbonitori, sbarcati a Tarquinia alla scorsa tornata elettorale, promettendo qualcosa più della Luna ma che al dunque si sono rivelati lo zero assoluto: zero mozioni, zero interrogazioni, zero idee.

Ma zero risultati vanno ascritti anche a Mencarini, sindaco per caso cooptato ad una manciata di giorni dalle elezioni e uscito di scena incolpando la propria maggioranza. Per capire come il M5S faccia la differenza parliamo di una questione complicatissima, dove tutti hanno fallito: San Giorgio, una nuova città di oltre 7.000 abitanti da costruire su una superficie estesa più del Lido di Tarquinia e raffrontabile con quella di Tarquinia capoluogo. Quelli prima di Mencarini hanno detto ai consorzi di lottisti: presentate i piani di lottizzazione e parta chi può, lasciando irrisolti i problemi delle acque reflue e dell’approvvigionamento d’acqua, arrivando a immaginare 11 diversi depuratori: follia.

Nel 2018, con Mencarini è stata rincorsa un’impossibile applicazione della legge regionale 28/80 per il recupero dei nuclei abusivi. Alla fine, arrivò il Commissario, che non sembra intenzionato a dare seguito a quanto iniziato dall’ex-sindaco. Ma il Commissario, invece di varare una soluzione realistica, basata sulla constatazione che il mercato immobiliare è clinicamente morto e occorrono per questo scelte urbanistiche diverse da quelle del boom edilizio di 50 anni fa, ha rilanciato l’idea di urbanizzare per intero i 180 ettari del comprensorio San Giorgio, ancora in buona parte terreno agricolo vergine. Per noi salvare parte del suolo da un’inutile urbanizzazione, oggi, non è più solo un’intelligente scelta ambientalista, è anche l’unica vera soluzione economica. Lo è perché senza un mercato immobiliare, le lottizzazioni originarie, spalmate su quasi 2 chilometri quadrati, diverranno ecomostri inconclusi: nessuno è più disposto a seppellire i propri risparmi in intraprese immobiliari a perdere, e le banche non sono più disposte a dare credito con facilità, come avveniva un tempo, se non a fronte di pesanti garanzie reali, e allora occorre ridurre la superficie dell’insediamento anche per ridurre i costi per urbanizzarlo.

Constatiamo purtroppo che come un commissario prefettizio 50 anni fa ci regalò i palazzoni che hanno irrimediabilmente deturpato il Lido, un altro commissario sta confezionando “ecomostri” a San Giorgio. Il M5S ha parlato a lottisti e consorzi con parole di verità, ricordando loro che a mercato immobiliare praticamente morto, occorre una proposta innovativa, basata su una significativa riduzione del consumo di suolo e che cammini sulle gambe dell’economicità; significa costruire un insediamento più compatto nella zona già compromessa dall’abusivismo. Tecnicamente si tratta di applicare la metodologia della perequazione urbanistica.

I lottisti devono rendersi conto che se vogliono coltivare il sogno di una casa al mare, lo devono fare armonizzandolo con gli interessi attuali e futuri della comunità di Tarquinia, che non possono più prevedere un enorme consumo di suolo per il nulla di case che il mercato non vuole. Non basta che vengano approvate 11 lottizzazioni, destinate ad essere abortite successivamente, per dire che il problema è stato risolto; no Commissario non è stato risolto, è stato ulteriormente aggravato.

giovedì 3 gennaio 2019

Stazione di Tarquinia: “Un brutto biglietto da visita per chi arriva”

C’era una volta la bella stazione di Tarquinia, che necessitava d’interventi di recupero strutturale e funzionale importanti. D’aspetto era la stazione giusta per arrivare nella culla della civiltà etrusca. La stazione di Tarquinia ha subito un brutto e anonimo restyling di sgraziato aspetto high tech. Nonostante la promessa implicita di efficienza tecnologica, restano irrisolti vari problemi funzionali ed è  aumentato il livello di rischio per i viaggiatori.

Andiamo con ordine. Questa nota – che descrive quello che è sotto gli occhi di tutti – la manderemo anche alla magistratura, chiedendo di accertare le responsabilità oggettive e per il recupero dei danni.

Per quanto riguarda la sicurezza dei viaggiatori è sufficiente osservare come sia stata ridotta la sezione di transito del 1° binario, per fare posto a ingombranti pilastri, destinati a sostenere solo la pensilina: basta un po’ d’affollamento o che i viaggiatori si muovano quando i treni sono in arrivo o transito, e subito la situazione diventa critica. Per inciso la pensilina non protegge più dalla pioggia come la precedente, perché è stata sollevata troppo frontalmente e così ci si ripara male quando piove da mare sostenute e c’è vento.

Inoltre è vergognoso che dopo il lungo periodo trascorso dalla fine dei lavori non esista più l’abbattimento delle barriere architettoniche per andare ai binari 2 e 3. Prima c’erano due comode rampe, adesso ci sono le carcasse di due ascensori, già arrugginiti. Riteniamo che non possano entrare in funzione perché resta irrisolto il problema della presenza d’acqua nel terreno circostante. Le infiltrazioni c’erano già prima ma in precedenza l’acqua veniva pompata via. I lavori svolti non hanno rimosso il problema, semmai l’hanno peggiorato, perché le scale bagnate sono ora molto più sdrucciolevoli ed è tragicomico che i gradini nuovi siano stati forati per far uscire meglio l’acqua. A cantiere aperto sarebbe stato possibile intubare l’acqua sotterranea e mandarla verso il fosso che fiancheggia la strada degli orti, posto a quota più bassa del sottopassaggio ferroviario, probabilmente anche senza eseguire scavi a cielo aperto.

Poiché tutte le società del Gruppo Ferrovie dello Stato sono partecipate al 100% dal Ministero dell’Economia e Finanze, vuol dire che la Stazione di Tarquinia è pubblica ed è stata trasformata (male) con soldi pubblici e questo vogliamo denunciare, anche per il danno che si fa all’economia turistica di Tarquinia: quella che è diventata una grigia (letteralmente) stazione piena di difetti non è un bel biglietto da visita.