Tarquinia – Torniamo a parlare di San Giorgio, un tema che abbiamo particolarmente a cuore; è a rischio un’estesa superficie agricola. In campagna elettorale Giulivi ha ribadito più volte che non era una sua priorità, dichiarandosi indifferente alle manfrine del Commissario Prefettizio a favore delle lottizzazioni di San Giorgio, oggi invece non vede l’ora di cementificare e sottrarre all’uso agricolo un’ampia parte di fertile pianura tarquiniese.
È in buona compagnia: le forze politiche presenti in consiglio comunale, eccettuato il M5S, sono favorevoli a cemento e asfalto e tifano per il sacrificio dei 182 ettari di San Giorgio. Sacrificio inutile, perché il comparto immobiliare è in crisi e non dà segnali di ripresa in tutta Italia.
I motivi della crisi? Eccesso di case e consapevolezza che investire nel mattone non è più un buon affare; in caso di successiva vendita è impossibile recuperare quanto speso per l’acquisto. Ma allora quali capitali finiscono in operazioni economiche a perdere? È bene che il Sindaco Giulivi se lo chieda pensando a San Giorgio.
Cementificare San Giorgio equivale a “vendersi un rene” per campare. Costruiamo e intanto distruggiamo il bene primario della nostra economia: le terre agricole e il paesaggio agrario. Non solo, costruiamo San Giorgio e aumentiamo il carico sul Fiume Marta, che riceverà l’ulteriore flusso di liquami che Talete porterà al depuratore del Poderino a nostre spese, per una decisione del Commissario Prefettizio oggi fatta propria dal sindaco Giulivi. La nostra ricetta per sistemare il comprensorio San Giorgio è e rimane sempre la stessa: perequazione urbanistica per concentrare le cubature nelle zone compromesse.
Resta il fatto che un’attività edilizia che duri nel tempo non ha bisogno di nuove lottizzazioni ma di politiche che garantiscano un flusso continuo e consistente di lavoro e questo può accadere solo con una generalizzata riqualificazione del Lido, attuata incentivando il recupero del patrimonio edilizio esistente e molte delle case della nostra marina sono ancora allo stato di quando furono costruite oltre 50 anni fa. La riqualificazione del Lido può creare occupazione in quantità e per chi lavora nell’edilizia conta che ci sia lavoro, non che si debba per forza cementificare le nostre migliori terre agricole.
Ma il consumo di terre agricole non è solo questione di paesaggio e di insulto alla vocazione agricola di Tarquinia, c’è molto di più, perché cemento e asfalto sono corresponsabili dei cambiamenti climatici quanto la CO2 che fuoriesce dalle ciminiere.
Gli eventi atmosferici estremi degli ultimi tempi hanno riportato in primo piano il tema dei cambiamenti climatici che ormai quasi più nessuno nega. Tarquinia ne è purtroppo protagonista in negativo con quasi 800 ettari sottratti all’agricoltura negli ultimi 15 anni. Ci auguriamo che con “Giulivi 2” non si applichi la stessa ricetta di chi l’ha preceduto: una “cura da cavallo” a base di cemento e asfalto.
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